Ogni essere umano è innanzitutto costituito d’un apparato psicofisico, cioè un insieme di mente, emozioni e corpo. Questa è la personalità. La personalità rappresenta la parte animale, ed è quindi soggetta agli impulsi di sopravvivenza. L’apparato psicofisico segue infatti gli istinti fondamentali che caratterizzano ogni specie: lotta nel suo ambiente per sopravvivere e per riprodursi. Nell’essere umano si trova però un altro ente: l’anima. Essa non è altro che l’autocoscienza, cioè la nostra parte divina, ciò che ci fa sentire vivi e coscienti di esistere in quanto individui. Essendo l’anima il nostro collegamento con il divino – l’Uno – essa esprime la nostra tendenza all’Unità, e quindi all’amore verso gli altri.
Tutti noi siamo allo stesso tempo una personalità animale che tende a sentirsi separata dal mondo, a lottare e a uccidere pur di sopravvivere, e un’anima divina, che invece si percepisce “uno con tutte le cose”, spingendoci in direzione dell’amore e di una sempre maggiore coscienza di noi stessi. L’essere umano è la fusione di queste due manifestazioni.
In ognuno di noi albergano anima e personalità in proporzioni diverse. Più ci identifichiamo con il nostro aspetto animico, più siamo propensi a collaborare, condividere, amare, perdonare, provare tenerezza e serenità, lottare per difendere valori elevati… Tutte le volte che facciamo qualcosa per qualcuno SENZA ASPETTARCI NIENTE IN CAMBIO, nemmeno un grazie, lo stiamo facendo con l’anima.
D’altra parte, più restiamo schiavi della nostra personalità, più i nostri comportamenti sono egoistici. Tutto ciò che facciamo lo facciamo solo per il nostro vantaggio. La conseguenza è che lottiamo per prevaricare sugli altri invece che aiutarli. La personalità ha paura, quindi aggredisce, uccide, inganna, tradisce, ruba, truffa… accumula beni per i propri bisogni personali e tende unicamente alla soddisfazione dei propri appetiti, sia in fatto di sesso che di potere, fama o denaro.
Perché questi due elementi dell’essere umano sono così differenti fra loro? Tutte le differenze in realtà si riducono a una sola: l’anima è immortale, mentre la personalità è mortale. Ciò che è mortale ha paura di morire, e da questa basilare paura derivano tutte le altre: la paura dell’abbandono, la paura di essere traditi, la paura di non avere abbastanza soldi, la paura di perdere il lavoro, la paura di ammalarsi, la paura che possa succedere qualcosa ai nostri cari, la paura di non essere adeguati alle situazioni, la paura di non essere apprezzati, la paura di venire criticati o giudicati… Da queste paure – e dal terrore di morire a cui tutte possono essere ricondotte – derivano le innate tendenze della personalità all’aggressività, al furto, alla possessività, alla competizione, al voler sfruttare gli altri in favore della propria convenienza… e ai comportamenti criminosi in genere.
L’anima è immortale, sa che sopravviverà alla distruzione dell’apparato psicofisico, e di conseguenza non ha paura di morire. L’anima non deve possedere nulla, perché è Tutto. L’anima non ha paura di essere abbandonata, perché gli altri sono dentro di lei. L’anima non ha paura di perdere il lavoro né di rimanere senza denaro, perché sa di essere la creatrice della propria realtà. La personalità si accoppia seguendo uno stimolo sessuale, o il desiderio di possesso, o il bisogno di stare con qualcuno, mentre l’anima si accoppia perché ama in modo incondizionato: lo fa come regalo verso un altro essere umano, non per soddisfare un suo bisogno o attendendo qualcosa in cambio. La personalità interpreta anche l’amore come uno scambio commerciale; al contrario, per l’anima l’amore è dispensabile gratuitamente, senza aspettarsi alcuna ricompensa affettiva.
È forse il caso di precisare che identificarsi con l’anima non significa smettere di possedere soldi, lavorare, mangiare e accoppiarsi. Chi sente maggiormente l’influsso della propria anima non per questo non si occupa più delle incombenze materiali. La differenza risiede nell’assoluta serenità con cui tali incombenze vengono affrontate. “Essere nell’anima” significa non sentirsi più trascinati da ansie, tensioni, paure, fastidi… in ogni attività quotidiana. Non scompaiono le relazioni con gli altri o le normali occupazioni giornaliere, bensì le paure e i malesseri che prima si accompagnavano a tali relazioni e occupazioni. L’uomo illuminato deve comunque mangiare, ma non vive con l’assillo di doversi procurare il cibo! (Salvatore Brizzi)
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