UN APPROCCIO NATURALE ALL’IPERTENSIONE ARTERIOSA (I.A.)…
I. A. e ALIMENTAZIONE…
Nella terapia dell'ipertensione la dieta ricopre un ruolo importante, che in molti casi diventa addirittura terapeutico; per questo motivo dev'essere argomento di competenza medica, alla quale le linee guida riportate in questo articolo non intendono in alcun modo sostituirsi.
Quando si parla di dieta ed ipertensione l'accento cade inevitabilmente sul sale da cucina e sugli alimenti che lo contengono in quantità importanti. A dire il vero, la correlazione tra dieta ricca di sodio ed ipertensione non è mai stata dimostrata in maniera inconfutabile; tuttavia, sappiamo che l'incidenza della malattia è minore nelle popolazioni che adottano uno stile alimentare iposodico. Pertanto, una dieta ricca di sodio aumenta il rischio, quindi la probabilità, di sviluppare l'ipertensione, ma non è detto che chi infrange palesemente questa regola soffrirà di ipertensione e chi la rispetta ne sarà esente. Il ruolo del sodio è infatti sfumato da molti altri fattori predisponenti, come le abitudini alimentari in senso più ampio (gli eccessi calorici e lipidici favoriscono la comparsa della malattia), la predisposizione genetica, la sedentarietà e lo stile di vita (stress, fumo, abuso di alcol o droghe ecc.).
Sia in ambito preventivo, sia in quello terapeutico, la dieta per l'ipertensione si articola su quattro punti fondamentali: contenere l'apporto di sodio, aumentare quello di potassio (tramite un generoso consumo di frutta, verdura e alimenti integrali), controllare il peso corporeo e limitare il consumo di alcolici.
L'apporto di sodio andrà ridotto al di sotto dei 3-5 grammi al giorno, grazie alla riduzione del consumo di sale (o alla sua sostituzione con analoghi iposodici) e degli alimenti ricchi in sodio. In vari studi, il passaggio dall'alimentazione tipica dei Paesi industrializzati (che fornisce dieci o più grammi di sodio al giorno) ad una dieta iposodica, si è dimostrata in grado di ridurre la pressione arteriosa di 2-8 mmHg. A tal proposito è bene ricordare che un grammo del normale sale da cucina contiene 400 mg di sodio; di conseguenza, un pizzico di sale apporta all'incirca un grammo di sodio, mentre un cucchiaino ne apporta 5, un cucchiaio 15 ed un pugno 30.
Limitare l'aggiunta di sale agli alimenti può sembrare difficile, ma in realtà non c'è nulla di più semplice; il palato, infatti, si può educare, e se la riduzione avviene gradualmente, si abituerà al nuovo regime alimentare senza troppi problemi, trovando gustose pietanze che fino a poco tempo prima sembravano insipide; il sale può anche essere sostituito con prodotti iposodici (contenenti ad esempio cloruro di potassio) od aromi e spezie varie, come peperoncino, erbe, aglio, prezzemolo, rosmarino, salvia e origano. In tal senso i genitori hanno una grossa responsabilità nei confronti dei propri figli, che devono essere indirizzati, sin dai primissimi anni di vita, ad un'alimentazione povera di snack e stuzzicherie ricche di sale.
Una volta ridotta l'aggiunta di sodio occorre diminuire anche il consumo dei cibi in cui è presente in grandi quantità; il cibo confezionato ed i salumi, per esempio, sono due dei principali ostacoli alla riduzione del sodio nella dieta. Oltretutto, si tratta di alimenti generalmente ipercalorici, che aumentano lo stimolo della sete, spesso placato con bibite zuccherate o alcoliche. Attenzione anche ai dadi da brodo ed ai preparati per insaporire le pietanze - molto utilizzati nei ristoranti, specie in quelli orientali - perché ricchi di glutammato monosodico.
Il fabbisogno quotidiano di sodio è di circa 400 mg, un valore molto inferiore rispetto alla quota assunta da molte persone (anche 20 volte maggiore), che aumenta negli episodi febbrili, in caso di profusa sudorazione (compresa quella indotta dall'attività fisica), eccessi di vomito e diarrea.
Come anticipato, la riduzione del consumo di sodio deve accompagnarsi ad un'aumentata assunzione di potassio; questo minerale può infatti essere considerato un vero e proprio antidoto del sodio, tanto che l'adeguatezza del suo apporto garantisce un miglior controllo pressorio ed, in alcuni casi, riduce il bisogno di ricorrere a farmaci-antipertensivi (da qui l'importanza, se già si soffre di ipertensione, di consultare il proprio medico prima di cambiare le proprie abitudini dietetiche).
Il potassio si trova soprattutto nei cereali integrali, nella frutta e nella verdura.
Il trattamento dietetico dell'ipertensione non deve quindi concentrarsi unicamente sulla riduzione del consumo di sodio, ma riequilibrare il suo rapporto con il potassio e limitare gli eccessi, soprattutto per quanto riguarda il consumo di lipidi, alcol e cibi ipercalorici. Il quadro preventivo - terapeutico - comportamentale viene completato da un'adeguata attività fisica di tipo aerobico, da svolgersi ad un ritmo non troppo impegnativo in almeno tre occasioni settimanali, della durata singola di 40 o più minuti.
ALTRI ACCORGIMENTI …
- Limitazione dei grassi saturi nella dieta (grassi animali come burro, insaccati, carni grasse, latticini ecc.) a favore di quelli monoinsaturi e polinsaturi (olio di oliva, olio di semi, pesce ecc.). Un altro fattore di rischio importante che occorre controllare è la dislipidemia. Si tratta di un quadro molto pericoloso in cui i livelli di colesterolo totale nel sangue superano i 250 mg/dl e contemporaneamente la frazione cattiva (LDL) supera i 155 mg/dl e quella buona (HDL) rimane al di sotto dei 40 mg/dl negli uomini e a 48mg/dl nelle donne. La contemporanea presenza di ipertensione e dislipidemia è molto pericolosa per la salute del cuore e del sistema cardiocircolatorio in genere.
- Moderare il consumo di alcolici: l’alcol se assunto a piccole dosi, quasi fosse un rimedio omeopatico, sembra avere un effetto protettivo sull'ipertensione grazie alle sue proprietà vasodilatanti. L'importante e non eccedere con le quantità, cioè non bere più di un quarto di vino, una birra piccola (ml 330), o un bicchierino di alcolici (per le donne o uomini molto esili tali quantità vanno dimezzate).
Il consumo di alcolici non va necessariamente abolito (anche se sarebbe auspicabile!) ma mantenuto a dosi razionali.
Attività Fisica: Una regolare attività fisica aerobica, come il camminare sostenuto per almeno 30 minuti al giorno tre giorni alla settimana, permette di ridurre la pressione di 4-9 mmHg.
- Evitare Fumo e Droghe: il fumo e le droghe in genere, contengono sostanze eccitanti che stimolano l'azione adrenergica. Non a caso, tanto per citare un esempio, le conseguenze più gravi della cocaina sono l’infarto del miocardio, l’insufficienza renale acuta e la crisi ipertensiva
STRESS E IPERTENSIONE
Ai giorni nostri si parla tanto di stress e ad ogni difficoltà quotidiana si dà questo nome. Ebbene, in molti casi sembra che lo stress psico - emotivo possa essere un fattore causale dell’ipertensione essenziale al punto che da un lato si sono identificate situazioni emotive che sembrano particolarmente pericolose (arrabbiature, performance intellettuali continuative gravose di responsabilità, emozioni intense frustrate nel loro manifestarsi) e dall’altro tipologie di personalità più suscettibili di altre a subirne i danni. Queste personalità, derivate da fattori di apprendimento familiare, sociale, religioso - morale o, talvolta, da problematiche conflittuali inconsce, sono oggetti di studio di una branca della medicina che diventa sempre più importante per l’individuazione della cause, o concause, di svariate malattie: la medicina psicosomatica.
Psicologia comportamentale ed ipertensione
Secondo questa scuola agli stress ambientali ed emotivi intensi e ripetitivi alcune persone risponderebbero più che con normali reazioni comportamentali (come il pianto e l’aggressività) con un’attivazione del sistema nervoso che non è controllabile dalla volontà cui consegue una costrizione dei vasi arteriosi. Si creerebbero così maggiori resistenze all’affluire del sangue e dunque ipertensione arteriosa.
Psicosomatica simbolica ed ipertensione
Per questa scuola invece (Riza) l’ipertensione sarebbe la rappresentazione a livello corporeo di un conflitto inconscio tra "pensiero" e "sentimento", tra passione e ragione, tra emotività e controllo, dove un sangue investito simbolicamente di valenze emotive non può circolare liberamente. L’iperteso dunque tenderebbe a vivere conflittualmente il rapporto con il mondo degli affetti e ne eserciterebbe un esasperato controllo frenando di continuo la passionalità e privilegiando la "fredda" e più sicura ragione.
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